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L’acqua che ci specchi

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L’ACQUA CHE CI SPECCHIA

 

Era l’alba tenera e soffusa di colori

l’alba delle ginocchia sbucciate e degli aquiloni

delle cadute e delle corse controvento

in cui non ti chiedevi

ma andavi scapigliata a perdifiato

incontro alla giungla verde del frumento

e lassù il cielo col suo bianco gregge.

Era l’era del rosa mattutino e delle fiabe

e sulla scia di un innocente sogno

avanzavi per camere soffuse di sereno

respirando pace, e luce, e casa.

Andavi là

dove saresti potuta restare come tenda alla lieve brezza

e cantare e danzare

e variopinta farfalla, svanire

per poi, con ali lievi, riapparire.

 

Ma caddero molteplici le foglie

e venne l’autunno indotto, suscitato.

Tra nubi lucenti di agave spinosa che l’aria ti bucò

scricchiolavano friabili sotto il tuo passo

come patatine nel loro involucro del market.

 

Ora, brunito hai reso quel ricordo

e la muraglia attorno è limite per l’anime

che mai flettono le astuzie sui singoli in disarmo.

 Eppure – psoriasi dello spirito –

un sorriso sbuca da dietro le tue tapparelle semichiuse

e sempre, tutt’attorno continui ad impastare terra pulita e sporca

a stringere mani all’essere differente, padrone d’altre mani

a mescere vino all’andato vino, pane al raffermo pane

mentre un punto interrogativo misterioso e strano

è l’acqua che ci specchia

e si riflette... limpida!

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